martedì 27 ottobre 2009

Una proposta per salvare il cinema italiano

AmarcordTrans, Prostitute, droga, palazzi del potere invasi da catering di mozzarelle e casatiello, ma come si fa a dire che la commedia all'italiana è morta? Inutile discuterne. Una fotografia e un filmato valgono più di mille parole (notare il tipo coi baffetti e il cappello da cuoco):


Mastella

lunedì 26 ottobre 2009

La topastra

topastra
Lucia Poli mi fa paura.

Il quinto stato

Quarto statoIeri. Vado a votare alle primarie del PD. Folla discreta, nonostante Treviso sia una delle capitali italiane della Lega Nord (stando agli ultimi risultati, Marino - la mai scelta - ha preso il 15%, più di Emilia Romagna - 12% - e Toscana - 13%. Per fortuna in Veneto non c'è solo l'Ombralonga). Ma una cosa mi colpisce: i votanti sono praticamente tutti sui 50, 60 anni. Pochi trentenni (tra cui il sottoscritto) e neppure un ventenne.

La cosa, che mi era già stata segnalata dai miei (stessa situazione in altri momenti della giornata) mi viene confermata su Comicus in riferimento ad altre parti d'Italia.

Eravamo così concentrati su come costruire il PD che ci siamo completamente dimenticati i giovani. Un errore molto grave che potrebbe essere anche fatale al partito in un tempo politicamente brevissimo (dieci, quindici anni), quando la nomenklatura attuale sarà ormai vetusta e probabilmente anche gli elettori. Oggi come oggi il PD sembra un partito totalmente incapace di affascinare i giovanissimi, non dico di sedurli, ma anche solo di parlare di cose a loro comprensibili e presenti. L'appeal di persone come Bersani, d'Alema, Franceschini in questo campo è assolutamente nullo (forse Marino, in nome del suo interesse per i diritti civili, riesce a racimolare qualcosa).

Chi vota il PD oggi? Stando a tutti gli indizi, direi i vecchi militanti del PCI, proprio gli stessi, che hanno pazientemente seguito tutte le metamorfosi del partito, in DS, in Ulivo, in PD; abbandonando nel frattempo le frange più ideologicizzate. Sono convinto che se si dovesse fare un confronto oggi, si vedrebbe che il bacino - e la percentuale di voti - del PD attuale è sostanzialmente lo stesso del vecchio PCI di Berlinguer (per contro, i "comunisti" dichiarati sono definitivamente scomparsi, vedansi gli imbarazzanti risultati di partiti come Sinistra e Libertà). Ma nessun vero ricambio generazionale, nè fra i politici nè fra i votanti. Non ho mai conosciuto in vita mia un diciottenne simpatizzante del PD (o del vecchio Ulivo, per quello). Per contro ho conosciuto molti diciottenni simpatizzanti di Forza Italia, di AN o (soprattutto) della Lega. Direi che al PdL è riuscito quello che non è riuscito al PD: creare una nuova generazione di elettori, o se non altro rendere il credo berlusconiano (o leghista, o finiano) familiare ai giovanissimi.

Per anni si è pensato (ho pensato) che il PdL (o comunque fosse chiamato lo schieramento di Berlusconi), venuto meno il capo (per motivi naturali o per troppe compromissioni dovute, per esempio, ai processi) si sarebbe sciolto come neve al sole, lasciando i litiganti (Lega, ecc) a disputarsi i resti. Non la penso più così. Probabilmente lo stesso Berlusconi non lo aveva del tutto pianificato, ma oggi che la Lega si sta sedimentando come nuovo partito dei lavoratori in tutta Italia (persino in Umbria! Roba che se me l'avessero detta 5 anni fa non ci avrei creduto); oggi che Fini si sta ponendo su posizione più moderate e progressiste della sinistra stessa; oggi che insomma più o meno tutti si proiettano sul dopoBerlusconi, la concreta possibilità che il PdL sopravviva al Cavaliere diventa sempre più concreta.

Naturalmente bisognerà vedere che ruolo giocheranno in tutto questo i mezzi di comunicazione berlusconiani, vera forza del partito, ma nel PdL cominciano a evidenziarsi diverse anime (riunite da una disciplina invidiabile, sicuramente in nome del potere, mentre nel PD ci si sbrana come tanti cani affamati) che potrebbero, in un futuro non troppo lontano, offrire una certa scelta agli elettori del domani... E lasciando il PD nelle retrovie. Un futuro elettore progressista e un futuro reazionario potrebbero scegliere non il primo il PD e il secondo il PdL, ma il primo l'ala moderata del PdL (quella oggi inaugurata da Fini) e il secondo quella estremista (da Lega a postfascisti la scelta non manca). Per non parlare dei cattolici. Abbandonando il PD in quanto entità già vecchia o comunque totalmente estranea.

domenica 25 ottobre 2009

Che goduria, che dilèt, navigare in Internèt

AmanitaOvvero, i link ai siti più belli di internet.
Amanita design, ovvero quando le animazioni (e i giochi) in Flash diventano arte.
Nordinho, ovvero "una mente creativa non si annoia mai".
Da Nordinho: gli enigmi di Zest, il più letale, sinistro e longevo sito di enigmi on line che abbia mai incontrato (non dimenticate di accendere le casse e possibilmente di giocare in una stanza buia)...
... E The Walls, 1, 2 e 3, il più onirico.
Il blog zingaresco The hermitage, appena scoperto ma già - apparentemente - stupendo. Da esplorare accuratamente. Anche i link.
(Continua...)

Debbora, senz'acca

libro
Volete un altro po' di depressione, tanto per gradire? Leggete l'intervista di Beatrice Borromeo a Debora Serracchiani sul Fatto Quotidiano di ieri 24 ottobre, in merito ad un allucinante fattaccio avvenuto a Montalto di Castro, in cui una ragazza violentata nel 2007 (a 15 anni) da un branco di stupratori viene da allora ostracizzata e additata al pubblico ludibrio da tutto il paese, e il sindaco Salvatore Carai eletto con il PD - zio di uno degli stupratori - stanzia 20'000 euro per la difesa legale dei rei.

Intervista abominevole dove la Serracchiani pare sostituita dal suo clone malvagio, un miscuglio di detto e non detto, risposte evasive e nessuna presa di posizione netta, nemmeno etica, proprio il genere di cose che - sembra mille anni fa - la Serracchiani stigmatizzava.

Che tristezza questi giovani politici rampanti, per cui porre sul campo delle questioni anche abbastanza ovvie è sufficiente a suscitare entusiasmi (e nel mezzo mi ci metto anch'io, all'epoca l'apprezzavo) e la cui apparente freschezza viene poi riassorbita in un magma fatto di instant book e ritorno nei ranghi.

sabato 24 ottobre 2009

Per rinfrancar lo spirito...

Pappagallo... tra uno scandalo e l'altro.
Veolia Environnement Wildlife Photographer of the Year 2009.

Ammazza che zozzeria

MarrazzoAhi.
Intanto emergono dettagli di gestione del potere degni dell'Unione Sovietica.
Ariahi.

Deve dimettersi? Non deve dimettersi? A mio giudizio, che dia le dimissioni è assolutamente IMPERATIVO. E non perchè uno con la passione dei viados non possa anche essere un buon presidente. Ma perchè, se l'affaire Berlusconi/d'Addario era criticabile per l'inclusione di escort in liste elettorali e per l'intreccio sesso/politica, la pietra dello scandalo era anche il fatto che a causa delle sue frequentazioni il Cavaliere era ricattabile. E quindi compromesso. E quindi incapace di adempiere alle sue funzioni senza condizionamenti.
Esattamente come Marrazzo oggi.

Avesse denunciato l'estorsione al tempo, assumendosi le sue responsabilità, forse oggi avrebbe potuto ancora avere una sopravvivenza politica. Ma perchè diavolo questa gente ci tiene a tutti i costi ad assumere incarichi di rappresentanza? Rimanere a fare il giornalista pareva brutto?
Con tutto che, dopo il Laziogate avrebbe ben dovuto conoscere i rischi d'immagine che correva (e a maggior ragione tenerselo nelle mutande). E invece non è riuscito a trattenersi nemmeno fino a fine mandato.

Comunque è già abbastanza punito per tutti i giochi di parole che faranno sul suo cognome da qui all'eternità.

venerdì 23 ottobre 2009

L'omo nero

Touadi
Franceschini ha presentato come suo possibile vice alla segreteria del Partito Democratico Jean-Leonard Touadi, primo parlamentare di colore della storia italiana.
Fermo restando che il curriculum vitae di Touadi è di tutto rispetto e probabilmente è più qualificato per questo ruolo del 90% dell'attuale classe politica, la mossa di Franceschini - unitamente alla proposta di prendere come vicesegretario una donna - non mi è piaciuta. Perchè tutte le ottime qualità di Touadi, in questo particolare contesto, sono completamente oscurate dal fatto che sia nero, l'unica sua caratteristica che venga ripetuta e che abbia un'eco nella stampa nazionale; cosa che Franceschini sapeva benissimo, e che indirettamente ammette. Insomma, ho la sgradevole sensazione che sia una mossa puramente pubblicitaria, che se in Parlamento anzichè Touadi ci fosse stato un altro deputato anche meno preparato di lui sarebbe stato designato comunque in nome del suo essere di colore, che insomma Franceschini esibisca superficialmente il suo vice nero per dimostrare la propria tolleranza e modernità, così come la sua proposta per un vice donna, in un certo senso, si può tradurre con: "Non importa chi sia, purchè sia una donna".

Come ho avuto modo di dichiarare in altra sede, ci sono almeno due tipi di razzismo differenti. Uno è il razzismo come di solito uno se lo immagina, sbracato, volgare, intollerante, i naziskin, la Lega, le camicie verdi e nere, i raid contro gli immigrati e così via. La maggior parte dei rappresentanti ufficiali della Lega sono dei cafoni malvissuti, a stento capaci di intrattenere una conversazione in italiano corretto. Di solito è così che uno se li immagina, nel centro e nel sud Italia: degli ubriachi da osteria che occupano scandalosamente posti di responsabilità e che appena possono, nel proprio feudo, rivelano la loro vera natura.
è senz'altro vero, ma non bisogna lasciarsi ingannare. c'è un altro tipo di razzismo - e non mi riferisco a quello che di solito viene definito razzismo all'incontrario, dei neri nei confronti dei bianchi - un razzismo, cioè, che in qualche modo coinvolge tutti, e si potrebbe anche definire come "tolleranza contenuta".

Provo a spiegarmi. Personalmente sono convinto che, contrariamente a quanto si pensa, a nessuno piaccia veramente essere accusato di razzismo. In realtà le persone come Borghezio, che rivendicano apertamente ed orgogliosamente la loro totale intolleranza, sono relativamente poche. Viviamo in una società in cui - superficialmente, almeno - essere razzisti è considerato una cosa negativa. Un po' come essere ladri: anche un ladro matricolato difficilmente accetterà con orgoglio la qualifica di ladro, cercherà delle giustificazioni morali, magari asserendo di aver rubato per necessità o perchè comunque esistono altri tipi di furto, magari legalizzato. Inoltre, difficilmente l'italiano medio prende posizione, anche su una questione come il razzismo. Credo che in effetti la caratteristica principali degli italiani sia una specie di apatica mollezza, che li spinge a preoccuparsi di problemi gravi quando è veramente troppo tardi (come ha detto qualcuno*, in Italia una questione, quale che sia, diventa importante solo quando ci scappa il morto; cosicchè tutti i provvedimenti successivi sono presi sull'onda dell'emotività e non del ragionamento), una specie di pecoraggine che può spingerlo ad un conformismo fascistoide ma che paradossalmente può avere persino lati positivi (la convinzione nell'adesione alle cause è sempre scarsa, anche alle cause negative). Altan, che di questo paese ha capito assolutamente tutto, l'ha ben sintetizzato in una vignetta in cui un signore in poltrona dice: "Il guaio di questo paese è che si mangia troppo bene: non appena uno è lì lì per prendere posizione, già è pronto in tavola".

Insomma, se per razzismo intendiamo l'incapacità (o la mancanza di volontà) nel superare pregiudizi - anche positivi - e raggiungere semplicemente una disinvoltura nel trattare con persone di etnia, orientamento sessuale o colore della pelle diversa, l'italiano medio è quietamente razzista. Ma dato che esserne consapevole è comunque spiacevole, cosa fa? Si crea dei piccoli margini di tolleranza, introduce una modica quantità di persone di colore o gay nella sua vita: quanto basta per mettersi a posto la coscienza e poter continuare con la vita di sempre. Un po' lo stesso atteggiamento che hanno quelli che pretendono - e magari ne sono genuinamente convinti - di sapere tutto dell'America Latina dopo aver passato una settimana a Cuba.

Per carità, probabilmente il primo passo nell'approccio a culture diverse nasce così. Immagino sia inevitabile, e forse nemmeno criticabile: volersi sentire tolleranti se non altro presuppone un'esigenza psicologica a non sentirsi razzisti, che in sè mi pare comunque una molla positiva. Il guaio è quando non si riesce ad andare oltre, quando cioè si trattano queste "quantità controllate di tolleranza" alla stregua di un vaccino, cioè una quantità controllata di virus che viene introdotta in corpo con la speranza di diventare immuni. Quello che vale per un vaccino non vale per una mentalità: la cosa più probabile è che una volta tranquillizzata la coscienza non si facciano passi oltre, non si cerchi di superare questo primo, superficiale approccio per conoscere ulteriormente quello che Kapuscinski chiamerebbe "l'altro". Una signora che fa una donazione per i poveri negretti nell'Africa, come talvolta paternalisticamente vengono chiamati, difficilmente farà ulteriori sforzi per comprendere la loro cultura, difficilmente cercherà di capire come pensano questi negretti o perchè sono poveri. Avrà la coscienza tranquilla e tanto basterà.

Un tempo ammiravo Vladimir Luxuria, apprezzavo le sue battaglie e lo sostenevo pure. Ma mi è caduto in disgrazia quando ha partecipato - vincendo - all'Isola dei Famosi. Al di là delle tragicomiche dichiarazioni di Ferrero che è arrivato a paragonare Luxuria ad Obama e ad auspicare che la vittoria nel programma fosse un trampolino per le europee (cose da pazzi, poi ci meravigliamo che la sinistra in Italia è morta), quello che più mi ha irritato è stato l'atteggiamento di alcuni che vedevano in questa vittoria un segno della sopravvenuta maturità degli italiani in materia di tolleranza sessuale.

Assurdo. Assurdo e suicida. In realtà non solo questa vittoria non significa nulla, ma secondo me ha anche danneggiato la causa di Luxuria. Un ragazzotto che guarda L'isola dei famosi trova Luxuria simpatico, vuole sentirsi moderno e vota per lui (nel programma, non alle elezioni); da quel momento avrà l'intima convinzione (almeno parziale) di sentirsi tollerante nei confronti dei gay, e quindi sarà ancora meno recettivo a critiche al riguardo. Non farà ulteriori sforzi per avvicinarsi al mondo omosessuale, perchè si sentirà intimamente forte di aver contribuito - con questa sua superficiale ed un po' esibizionistica posizione - ad una causa di tolleranza, si sentirà la coscienza "pulita". E quindi sarà anche meno propenso a vergognarsi la prossima volta che storcerà il naso riguardo ai PACS, anzi si sentirà pure legittimato a criticarli apertamente.

Un po' come in quei paesi del meridione dove il "femminiello" non viene maltrattato, ma tollerato e accettato come uno degli elementi del paese, come il Muncipio, la Chiesa, lo scemo del villaggio e il "professore"; purchè, s'intende, non travalichi il ruolo e l'importanza che gli sono cuciti addosso.

E il discorso sugli omosessuali vale per le persone di colore, i cinesi, i musulmani, e tutte quelle minoranze ostracizzate di cui viene presentato un ritratto edulcorato (nel senso che tende a presentarne solo gli aspetti positivi, dandone un'immagine patinata, ma le persone sono fatte di elementi positivi E negativi) che serve a tacitare un po' la nostra cattiva coscienza. Nella fiction Un medico in famiglia con Lino Banfi viene presentata una famiglia indiana, che riassume tutti gli stereotipi possibili ed immaginabili sugli indiani (elefanti, Visnù, turbanti, e fascino da danzatrici esotiche; c'è pure Sandokan). Uno dei personaggi non indiani si innamora della rampolla di questi immigrati alla Salgari, e i numerosi telespettatori applaudono. Segno di tolleranza? Secondo me, è solo un modo per perpetuare idee un po' immature sugli immigrati e forse anche ritardare una reale amalgama culturale. Non appena la stessa persona che ha tanto apprezzato Un medico in famiglia si troverà, poniamo il caso, dei vicini di casa pure indiani, sarà anche meno preparato - e forse pure deluso - nell'apprendere che non sono cloni di Kabir Bedi o di Aishwarya Rai. E che questa vicinanza comporta, come è inevitabile che sia, anche dei problemi.

Ho la sensazione che un modello di società in cui certe barriere culturali siano definitivamente superate sia rappresentato dal Brasile, in cui le mescolanze tra razze sono così capillarmente diffuse da non rappresentare più qualcosa di anormale; in cui tutti, cioè, sono meticci; ma, contemporaneamente, dove le particolarità etniche non sono state eliminate o livellate, ma esaltate, come segno di distinzione ma non di separazione. Ma dopotutto il Brasile l'ho conosciuto solo dai libri di Jorge Amado, e potrei anche sbagliarmi.





*mi è venuto in mente: se non sbaglio è Teodoro Ndjock Ngana, poeta e mediatore culturale, nel documentario Il colore delle parole di Marco Puccioni. Un altro africano in Italia.

mercoledì 21 ottobre 2009

Generazioni

Terminator

Amo gli anni '80. Amo l'estetica di certi film; le prime console Nintendo con grafica cubettosa (io possessore all'epoca di un Amiga invidiavo - quasi sicuramente a torto - chi poteva giocare con Super Mario); quell'atmosfera di insensato edonismo, di culto patinato dell'estetica e spesso anche della forza. Non sempre ero consapevole di queste caratteristiche, di cui devo aver subito un'influenza indiretta attraverso - ad esempio - canzoni che mi entravano nell'orecchio e non ne uscivano più, tipo Jump dei Van Halen. Si tratta, come per molte nostalgie, di un sentimento abbastanza infondato, gli anni '80 hanno prodotto fior di mostruosità (negli Stati Uniti ma non solo, basti pensare all'ascesa dei Socialisti craxiani in Italia) e dunque non dovrebbero essere particolarmente rimpianti.

Tuttavia, sforzandomi di essere il più obbiettivo possibile, devo dire che artisticamente li trovo molto più interessanti dei successivi anni '90 per non parlare del nuovo millennio. Sia musicalmente che, soprattutto, cinematograficamente. Deve essere stato l'ultimo momento - con pochissime eccezioni, tipo il primo Matrix - in cui la fantascienza americana è riuscita a produrre dei lavori veramente originali e perturbanti: in una manciata di film (Terminator, 1984; Robocop, 1987; Predator, 1987; Blade Runner, 1982 e qualche altro che ora mi sfugge) c'è concentrato tutto il fantastico americano degli anni successivi. Commistioni uomo-macchina; una specie di selvaticità tecnologica, industriale (in quasi tutti questi film c'è almeno una scena ambientata in un'acciaieria), e tuttavia spontanea e naturale; periferie degradate (le città in cui si svolge Terminator sono piene di squallore urbano e white trash, un dettaglio che sono riusciti a mantenere anche nella bella serie TV The Sarah Connor Chronicles). Perchè questi film sono ancora oggi così avvincenti, ci colpiscono con così tanta forza? Evidentemente in qualche modo ci sentiamo legati a quelle immagini, si tratta di pellicole che sono riuscite a cogliere - forse nemmeno consapevolmente - un cambiamento in atto, una qualità invisibile che ce li fa sentire vicini. Ci colpiscono perchè parlano di noi: di quello che stavamo diventando, di come il mondo stava influendo sulla nostra percezione delle cose. Un discorso che senz'altro non vale solo per la fantascienza (presumo che lo stesso ragionamento potrebbe essere applicato ai grandi miti horror degli anni '80, come Freddy Krueger, e non limitarsi solo al cinema).

Ecco perchè i remake e i seguiti che hanno affollato le sale cinematografiche negli ultimi anni, dal nuovo Terminator ai remake di Halloween, sono destinati a fallire, se non come film (cosa comunque avvenuta nella maggior parte dei casi: si tratta spesso di pellicole anonime o inconsistenti), quantomeno come opere epocali, in grado di cogliere gli umori di una generazione: perchè la società è cambiata, e quelli che in questi film vengono riproposti - peraltro , nel caso dei remake, come copia conforme di qualcosa già girato, e quindi insincera - sono umori già somatizzati, già vissuti, già entrati nei geni nostri e dei nostri figli. Al di là delle critiche sullo sfruttamento commerciale, sui registi meno attenti, al di là insomma della riuscita artistica - si tratta semplicemente di opere che presentano miti fuori tempo massimo. Probabilmente i nuovi punti fermi del cinema di fantascienza americano saranno Avatar di Cameron e District 9 di Neil Blomkamp; non a caso entrambi opere che parlano di incomprensioni fra culture, personaggi obamianamente "meticci" e multiculturalità, cioè quello che apparentemente compone questi anni di fine decade.

P.S. Qual è stato, ora che ci penso, l'ultimo horror paragonabile all'impatto che all'epoca ebbero film come Nightmare o Venerdì 13? Forse la serie di Saw, che pur essendo artisticamente piuttosto mediocre ha creato numerosi epigoni e ha influenzato, con la sua estetica metallica e lurida, molti altri film. Certo non è una buona notizia sapere che oggi sentiamo così familiare il concetto di tortura (che sta alla base dell'intera saga).

martedì 20 ottobre 2009

'O re

BassolinoSegnalazione di Vic Sage, dal forum di comicus.

lunedì 19 ottobre 2009

I tre litiganti

Leader PD
Ho visto finalmente il confronto televisivo (si fa per dire: su Youdem, perchè i candidati a quanto sembra non sono riusciti a mettersi d'accordo su un terreno TV comune) fra i tre aspiranti segretari del PD. Fermo restando che nessuno dei tre ha fatto una figura da chiodi, anzi ne sono usciti più che dignitosamente (ma chissà che contegno riuscirebbero a mantenere di fronte ai ringhiosi Ghedini e Belpietro, la cui specialità è interrompere l'avversario a sproposito con l'unico scopo di fargli saltare i nervi), ecco la mia valutazione.

1-Marino. In assoluto il più convincente su tutte le questioni di ordine civile. Ma soprattutto il più netto: ha detto pane al pane e vino al vino, senza tergiversare nè dando risposte evasive. Non ha una carriera politica alle spalle, e si vede: in senso positivo però, perchè oltre a potersi permettere una disinvoltura che gli altri due non hanno, ha anche l'indubbio merito di non essere uno che fa il politico di professione, come appunto Bersani, Franceschini o - un nome a caso... - d'Alema. Forse non è del tutto telegenico - i capelli sembrano quelli di Big Jim, o Mr Zed - però è stato una salubre boccata d'aria.

2-Franceschini. Non un disastro, ma il meno convincente del mazzo. Sembrava un primo della classe che si sforzava di essere simpatico. Inoltre il trasporto con cui sta abbracciando la causa antiberlusconiana è sospetto: sembra una posa presa per differenziarsi il più possibile, che un atteggiamento da sostenersi sulla lunga distanza. Sicuramente ai miei occhi sconta il fatto di provenire dalla disastrosa gestione "buonista" di Veltroni. Le colpe di Walter non sono le sue, certo, ma non è un buon motivo per cui debba avere le mie simpatie: era pur sempre molto vicino al pacato e sereno presidente del PD.

3-Bersani. Mah. Non è nemmeno lontanamente disinvolto come ha detto qualcuno (anzi, ha tenuto proprio un atteggiamento televisivamente sbagliato, masticando nervosamente o incurvandosi, come d'altronde ad Anno Zero: sembra perennemente a disagio e forse lo è davvero). Come Franceschini ha dato risposte in politichese, evasive ed indirette. In termini di chiarezza perde nettamente il confronto con Marino. Ma ha un vantaggio: sembra naturale, genuino. Una sorta di operaio d'altri tempi, solido e gradevole. Da questo punto di vista la sua mancanza di disinvoltura può trasformarsi in un vantaggio. Ma ha un altro gravissimo handicap: è troppo legato a d'Alema.

Non voglio affrontare l'argomento: basti dire che considero d'Alema colpevole di gravissimi errori - se non di veri e propri reati - che hanno gravemente danneggiato tutte le "incarnazioni precedenti" del PD (Ulivo, eccetera) per non parlare dei governi di centrosinistra. è l'incarnazione di tutto ciò che non va con la politica italiana, compreso il fatto che continua a farla nonostante sia completamente e definitivamente bruciato.

Sono consapevole che chiunque diventi segretario d'Alema non sloggerà, così come sono consapevole che probabilmente sarà Bersani il vincitore della tenzone. Per una volta, però, voterò secondo coscienza, scegliendo il candidato in cui più mi rispecchio, e non tenendo conto della logica della Realpolitik o semplicemente dell'utile.

Voto Marino.

sabato 17 ottobre 2009

La società dei Berlusconi, la società della gioventù

Foto di gruppo










Ogni tanto qualcuno, me compreso, si chiede: ma come fanno realtà totalmente incompatibili come quelle della Lega (federalista, a parole almeno) ed AN (centralista) a convivere all'interno dello stesso schieramento? Non dico tanto per i politici nella fattispecie, che hanno evidenti motivi di interesse per costringersi a questa coabitazione forzata, ma per gli elettori comuni (elettori fra l'altro, come nel caso della Lega, che si legherebbero ad una specie di ideologia - mitologia, il Dio Po eccetera e quindi a maggior ragione dovrebbero vedere come il fumo negli occhi un vicino di casa centralista o semplicemente terrone). Insomma: che genere di meccanismo mentale scatta nella testa di un elettore che sostiene la Lega perchè in qualche modo ci crede, odia Berlusconi , ma dà il suo voto alla Lega benchè questo voto sia CHIARAMENTE anche un voto di sostegno a Berlusconi?

A sinistra - forse sbaglio, ma non credo - il meccanismo già mi sembra diverso; e proprio per la sua proverbiale incapacità di coesione. Se io voto Sinistra e Libertà chiaramente lo faccio proprio per segnare la mia presa di distanza dal PD, e questa presa di distanza si tramuta in un risultato reale: i miei voti sono andati a Sinistra e Libertà e NON hanno sostenuto il PD. Certo, c'è Di Pietro, ma la sua è una situazione un po' anomala. Ho sempre l'impressione che in realtà i votanti di Di Pietro siano semplicemente dei votanti PD disamorati. Votano Di Pietro perchè prende le posizioni che vorrebbero prendesse il PD. Ma non è proprio una presa di distanza. Se quelle posizioni le avesse il PD, voterebbero il PD. In un certo senso, è una bacchettata di incoraggiamento. Come a dire: "so che Di Pietro non arriverà mai a conquistare la maggioranza politica, ma lo voto per mandare un segnale al PD, perchè capisca in che direzione vanno le preferenze dei cittadini che propendono per la sinistra".

Insomma, perchè i votanti di partiti come Lega ed AN votano PdL e non sentono nessuna contraddizione, nessuno scrupolo nel sostenere indirettamente posizioni spesso antitetiche a quelle che sono - dovrebbero essere - le loro, quelle personali? Ho la sensazione che ci sia una sorta di meccanismo strano, quasi invisibile, un'intesa mai apertamente espressa tra i politici di questi partiti e i loro sostenitori. Calderoli a Montecitorio cerca a tratti di darsi un contegno; poi rientra nel suo feudo e subito riesplode in un rutto liberatorio la sua vera natura, torna a parlare di musulmani fetidi e di terroni e la gente applaude. Ma appunto, c'è una sorta di intesa invisibile, quasi mafiosa, fra il politico e i suoi elettori. Come se dicesse: non preoccupatevi, anche se sono a Roma, anche se mi comporto in modo diverso dal Calderoli che conoscete, resto sempre io; sapete che sto con Berlusconi solo per portare avanti i miei interessi; lui non è che un mezzo per arrivare al mio - al nostro - fine personale. Quando e se non dovesse servire più, lo scarico.

Che fra politici ci sia un machiavellismo egoistico che porta ad alleanze anche improbabili è un'ovvietà. Ma forse non è del tutto un'ovvietà che il fatto che quel particolare politico porti avanti secondi fini sia una cosa assolutamente nota anche a tutti i suoi elettori benchè NON ne parlino mai apertamente. Forse non è che gli italiani siano ingenui; forse sono semplicemente cinici. Quando Berlusconi e Bossi vanno a braccetto, palesemente per dimostrare un'intesa che in realtà sono pronti a spezzare se si dovesse rivelare controproducente, perchè lo fanno? Chi cercano di ingannare? Perchè dubito che, per esempio, un leghista tipo dica veramente che dopotutto Berlusconi non è così male. Probabilmente dirà che sì, Bossi fa così per protare avanti il progetto del federalismo, la Padania eccetera, ma che in realtà Berlusconi è un tipo losco, lo sa lui, lo sa Bossi e lo sanno gli elettori, e lo si può abbandonare quando si sarà ben sfruttata la situazione. Con buona pace di quelli che si riempiono la bocca con l'importanza della stabilità del paese. Una specie di commedia fatta a uso e consumo di non si sa bene chi, e in cui gli attori non sono solo i politici, ma anche gli elettori. In questo senso, certi tentativi di ricondurre i votanti di destra alla ragione, facendo loro notare che, ad esempio, le posizioni di un Bossi nulla hanno a che vedere con quelle di un Berlusconi e dunque logica vorrebbe che non dessero un voto che di fatto sostiene anche Berlusconi, sono destinati a fallire miseramente. I votanti lo sanno benissimo: votano comunque direttamente Bossi (ed indirettamente Berlusconi) perchè così potranno portare avanti anche i loro progetti (ed è sottinteso che toglieranno il sostegno a Berlusconi qualora vedranno che non c'è più da guadagnarci loro personalmente.

Da un lato è quasi ammirevole questa abnegazione della causa che probabilmente è anche alla base della disciplina ferrea (benchè di facciata; ma a sinistra non c'è nemmeno quella) che consente la solidità del PdL. Dall'altro è sconvolgente il cinismo che dimostrano non dico i politici, ma proprio i singoli cittadini, compreso il fatto che di tutto questo non emerga praticamente nulla a parole. Un po' lo stesso meccanismo che sta alla base di un curioso fenomeno che credo essere tutto italiano: vi è mai capitato, per esempio lungo certe stradi regionali, di ricevere dei segnali (lampeggiamenti o roba simile) dalle macchine che transitano in senso contrario, per poi trovare, un duecento metri più avanti, l'immancabile pattuglia di carabinieri? Perchè dei totali sconosciuti sentono il bisogno di segnalarsi a vicenda la presenza delle forze dell'ordine? Perchè non ci stupisce che lo facciano e anzi abbiamo quasi un vago senso di cameratismo, di amicizia, per questi segnalatori? Perchè, una volta passata la pattuglia dei carabinieri, ci sentiamo quasi in dovere di ricambiare il favore facendo a nostra volta la segnalazione alle macchine che vanno in senso inverso? Siamo un paese geneticamente mafioso.

martedì 9 giugno 2009

Bilancione postelezioni europee

Bilancio
1-PdL. Ferito ma non domo? In senso concreto, non cambia praticamente nulla, anzi, alcune province storiche stanno venendo strappate al PD. In senso ipotetico, però, è la prova che attaccare Berlusconi e stigmatizzare ogni sua porcheria paga. Rispetto all'impressionante, ipotizzato, 40% del dopo terremoto, è in grosso calo. Speriamo che Repubblica non molli l'osso. D'altronde, non si tratta nemmeno di propaganda elettorale, ci sono cose che dovrebbero far venire la nausea a chiunque a prescindere dal colore politico, ma certi votanti hanno moquette di pelo sullo stomaco.

2-Lega. Letale. Per anni la Lega è stato considerato - a ragione - un partito umorale, in pratica degli ubriachi da osteria che potevano avere successo o floppare a seconda di come tirava il vento. Ed era veramente così. Peccato che col passare del tempo si siano superficialmente ripuliti e stiano diventando una forza da controbattere mettendo radici in praticamente tutta Italia. Tra un paio d'anni diventeranno definitivamente il partito dei lavoratori, prendendo il posto (anzi, lo hanno già fatto) dei vecchi partiti comunisti.

3-PD. E vabbè. è andata male, poteva andare peggio. Intanto siamo già lontani dal buonismo suicida di Veltroni, ed è già un passo avanti. Adesso si devono dare una smossa e in fretta. La Serracchiani votata più di Silvio in Friuli. Ci vogliono altre conferme che è la vecchia nomenklatura che la gente non regge, e non il PD?

4-IdV. Vedi 1. L'antiberlusconismo e la capacità di indignarsi pagano. Non diventerà mai un partito che si fondi su gambe diverse da quelle di Di Pietro, ma come pungolo per il PD può andar bene. Anche perchè per quanto Di Pietro possa saltuariamente rompere i coglioni, non arriverà mai all'estremo di far cadere un governo che lo comprenda (al contrario di Mastella o la vecchia Rifondazione). Il suo nemico numero 1 è Berlusconi, come dice ad ogni ora. E il fatto di non avere un'ideologia dietro ma solo posizioni civili lo rende parecchio condivisibile.

5-UdC. Mah. Ancora non ho capito se è un successo o una semplice conferma che Casini succhia il voto degli indecisi. Vedremo.

6-Sinistra e Libertà e Rifo. Ennesima conferma che le vecchie categorie politiche e ideologiche non funzionano più. I poster in campagna elettorale di PD, PdL, eccetera, dicevano tutti : vota il lavoro, per un futuro migliore, eccetera. Poster di Rifo: "VOTA COMUNISTA" (a caratteri cubitali). Come nei manifesti per gli operai degli anni '70. Operai di oggi: "Che è, roba che si magna?". Il nemico numero 1 di Rifondazione è Sinistra e Libertà. Il nemico numero 1 di Sinistra e Libertà è Rifondazione. Ognuno tiene all'annientamento nell'altro. In tal senso, queste elezioni sono state un successo. Per entrambi....

7-Radicali. Gli unici su cui mi sento di dire che ora come ora non hanno un futuro.

giovedì 4 giugno 2009

L'undicesima domanda

Le dieci domande di Repubblica a Berlusconi stanno venendo ripetute pressocchè quotidianamente, e hanno anche fatto proseliti. Ed è un bene: pian piano stanno entrando nell'uso comune, "dieci domande" sta pian piano diventando un'espressione fissa, proverbiale, come "toghe rosse" o "giustizia ad orologeria" (aveva ragione Antonio La Trippa ).
Io però avrei un'ulteriore domanda che mi perseguita da un paio di giorni. Ossia: perchè DIAVOLO Berlusconi si è messo a fare le smorfie in pubblico alla parata del 2 giugno? All'inizio confesso di non averci fatto caso. Poi però, stimolato da un po' di osservazioni da parte di quei diavolacci di Repubblica (al solito), ha cominciato a venirmi qualche dubbio. Guardare per credere.
Perchè le ha fatte? è assurdo! Non che io non ritenga Berlusconi capace di gaffe nelle occasioni più solenni, al contrario, ma stavolta c'è qualcosa di diverso. Di solito le spiritosaggini di Berlusconi vengono fatte in occasioni più private, in cui il suo ruolo è quello di ospite o di diplomatico. Un modo (ovviamente grezzo) di fare il simpatico, come gli industriali alle riunioni d'azienda. Ma di solito, in occasioni ufficiali come questa (quando ci va) cerca di darsi un tono più serio, ufficiale, rispettoso ecco. A memoria, è la prima volta che si mette a fare espressioni buffe o ridicole in una situazione così seriosa in cui il suo ruolo è defilato. Ha qualcosa d'inquietante, sembra che non riesca a trattenersi: mi ha fatto venire in mente quei tipi matti da legare che si spogliano nudi per strada e finiscono arrestati dalla buoncostume. Italia. Dove il surreale diventa reale!

mercoledì 3 giugno 2009

A, uè uì, la fortuna viene qui...

GobboTempo di elezioni. Storiche, stavolta (pare).
Scelte possibili:

1-Sinistra e libertà. Vendola non è malaccio, ma la possibilità che ha questo partito di contare qualcosa, anche solo per "mandare un segnale", è nulla. Ricordo il congresso di quando? Un anno fa? Resoconto tragicomico su Repubblica della scissione in fieri fra Vendola e Ferrero, candidati che vanno sul palco mentre un coro minaccioso degli avversari di partito intona Bandiera Rossa sottovoce; a suggello di tutto, micidiale (e perfetta) vignetta di Giannelli il giorno dopo con due gatti che se ne vanno da una parte e due dall'altra...

2-Rifondazione e PDCI. Il commento di Diliberto sulla mancata vittoria del 2008 soltanto "perchè non avevano esibito il simbolo della falce e martello" (complimenti per la profondità di analisi) è stata l'ultima goccia. Non avrete il mio scalpo.

3-PdL. Ci sto pensando seriamente. Apposta per portargli sfiga, più che altro. Dovrò controllare il mio oroscopo. Basato nel mangiare.

4-Italia dei Valori. Ha la stessa profondità ideologica di un carrozzone da mercato, ma Di Pietro continua ad avere quel bel fascino maschio, genuino, odoroso di fieno e caciocavallo, che me lo fece apprezzare ai tempi di Tangentopoli. Una specie di commissario Montalbano in carne ed ossa. E poi, è l'unico con le cui esternazioni mi trovo quasi sempre d'accordo. Vedremo.

5-PD. Glielo vogliamo dare un premio di consolazione a questo povero Franceschini? Un po' ci ha provato, poraccio. E con d'Alema, Rutelli e compagnia che gironzolano come condor facendo piani schifi senza mai esporsi veramente la vita non deve essere facile. Ma ve lo ricordate Veltroni? Eh, tanto tempo fa. Cosa si arriva a votare per disperazione. Quando faceva un discorso cercando di soffocare l'accento romanesco era quasi più fasullo di Crozza quando di Veltroni ne faceva l'imitazione. Letale. Una delle peggiori campagne elettorali di sempre. Un tentativo di scimmiottare Obama copiando financo lo slogan, poster e spot finto-simpatici (avete presente quando uno racconta una barzelletta che non fa ridere? Uguale!). E persino errori marchiani di propaganda. Chi se l'è sognata di mettere il faccione di Veltroni in primo piano sui manifesti elettorali? Con il porro sul mento che sta lì in agguato nell'ombra? Tanto Franceschini sta già per andare via, dopo la vittoria (sigh) del centrodestra, l'ennesima, salterà fuori qualcun altro, forse Bersani. Ahh, se solo fosse leader la Serracchiani...

martedì 2 giugno 2009

Gli ultimi giorni di Pompei?

Nerone In questi giorni sulla testa di Berlusconi si è scatenato ogni genere di scandali: divorzio chiesto dalla moglie, ennesimo processo (il caso Mills) finito con forti e gravi implicazioni per il cosiddetto premier, monnezza a Palermo come se piovesse (che si tratti di una manovra per prendere distanze da Lombardo, che sta facendo il diavolo a quattro per staccarsi dal PdL?), Repubblica incattivita e tosta come non mai, bilanci impietosi dai giornali esteri, gaffe sui terremotati e via dicendo. Ma soprattutto, tanto, tanto sesso. Dopo la tragicomica vicenda su Noemi e papi Silvio (è la figlia illegittima? Non lo è? Se la tromba?) emergono particolari sconcertanti sulle feste in villa di Berlusconi. Scenari degni di Caligola, party con centinaia di giovinette in topless, Apicella che apre cortei di veline suonando la chitarra dopo essere trasportato con voli di stato e chi più ne ha più ne metta.

Berlusconi è il motivo per cui ho cominciato ad interessarmi di politica. Non sono mai stato un militante, e non mi piace l'idea di sposare un'ideologia. Significherebbe adottare una linea di partito, e quindi attenersi ad un pensiero dominante, anche quando è vetusto. Molti movimenti, soprattutto di sinistra, hanno fatto quella fine: Bertinotti, Diliberto, Ferrero e in generale tutti i partiti di sinistra per così dire massimalista ancora devono riprendersi dallo shock per aver perso una quantità sconcertante di consensi in favore della Lega, persino in regioni come l'Umbria. Non riescono a concepire che il mondo li ha semplicemente lasciati al palo, che oggi le categorie non sono più capitalismo e comunismo, che la società ha adottato una serie di concetti (immigrazione, globalizzazione, e via dicendo) entro i quali è pressocchè impossibile declinare le classiche dottrine ideologiche. Non hanno saputo davvero rinnovarsi, tant'è che oggi Berlusconi (un padrone, secondo le vecchie distinzioni) è votato quasi più dagli operai che dagli industriali.

Insomma ho sempre avuto solo posizioni civili, non politiche. Posizioni che hanno finito nove volte su dieci per coincidere con analoghe posizioni di sinistra, ed è per questo che il mio voto è andato sempre in quella direzione. Quello che voglio dire è che però non mi sento pregiudizialmente contrario alla destra. Purchè non si tratti di fascisti o di Lega, boh, non ho grossi problemi ad ammettere una politica civile di destra. Specialmente in un paese come l'Italia dove si sono spartite anche le parole, per cui incredibilmente termini come "libertà" sono appannaggio della sinistra e "legalità" della destra (quando invece dovrebbero essere parte del patrimonio comune, super partes).

Berlusconi mi ha praticamente obbligato a prendere posizione. Ho sempre trovato sconcertante che un uomo con un passato così poco pulito, con un'esistenza che è l'emblema del contrario di una vita davvero civile, fosse alla guida di un paese. In altre parole: sono antiberlusconiano, e me ne vanto. E d'altra parte credo di essere in buona compagnia: sono convinto che la stragrande maggioranza delle persone che hanno votato prima Ulivo e dopo PD non lo abbiano fatto per motivi ideologici, ma meramente, appunto, civili (il che spiega la disomogeneità della sua base... Dagli universitari senza lavoro, ai cattolici disgustati per la mancanza di etica del Cavaliere ai postcomunisti). La battaglia fra berlusconiani ed antiberlusconiani si è sempre svolta sulla base di filosofie di vita opposte e pressocchè inconciliabili, proprio a livello quotidiano, non di fedi ideologiche o interpretazioni di scritti filosofici.

In tal senso, per dirla tutta, trovo ancora più sconcertante che praticamente nessuno dei votanti di Berlusconi prenda mai una posizione chiara e definitiva contro di lui, o lo metta in discussione. A sinistra i dubbi sui leader non sono mai mancati, le messe in questione sono arrivate al limite del masochismo. E d'altra parte c'è da chiedersi se personaggi come d'Alema, con una faccia tosta ai limiti dell'incredibile, siano davvero incompatibili - come io vorrei - con il Cavaliere. Non amo il grillismo, trovo molte posizioni dei del Grillo nazionale feroci e violente quanto inutili, qualunquiste e poco costruttive. Ma è significativo che così tante persone si riconoscano in un movimento che prende di mira allo stesso modo destra e sinistra partitica.
Ciononostante, una posizione bisogna pur prenderla e benchè spesso la mia sia stata una scelta per il "male minore", non mi sono mai vergognato dei voti che ho dato. Pentito magari sì: quando mi sono trovato costretto a votare candidati da poco (Rutelli, brr), o che si sono rivelati una delusione dopo le elezioni (Veltroni, Bertinotti... No, Prodi non mi ha deluso). Ma mai vergognato. Ho sempre fatto la scelta che consideravo eticamente più corretta fra due movimenti che comunque presentavano delle differenze profonde fra loro, e credo che anche in futuro potrò voltarmi indietro senza dover arrossire per aver votato solo secondo interesse, specialmente se questo interesse andava contro dei principi costituzionali.

Tanto per essere chiari, sono assolutamente convinto che pressocchè tutte le accuse rivolte a Berlusconi, dai famosi rapporti con Mangano a quelli, di altra natura con Naomi Letizia siano assolutamente vere e fondate.

E comunque: siamo alla fine? Chissà. In tanti anni ho sentito urlare al termine della carriera politica di Berlusconi moltissime volte, quasi sempre a sproposito. C'è stato un momento, verso la fine del suo secondo governo, in cui sembrava che non gli restasse che scavarsi la fossa e nascondersi dentro. Eppure è tornato, forse perchè i suoi avversari (ma anche i suoi alleati, in un certo senso), non sono mai riusciti veramente a capire il succo della sua politica, del consenso di massa che riesce a riscuotere: un misto di pragmatismo cinico, desiderio di emulazione e populismo.

Però... Mah. Negli ultimi tempi mi sono spesso sorpreso a ridimensionare il personaggio. In quindici anni lo si è ritratto in tutti i modi: abile imprenditore, squalo cinico e furbissimo in grado di aspettare per mesi che gli avversari cadano in fallo, e così via. Ma è poi vero? Gli scenari imbarazzanti che lo hanno visto protagonista ultimamente, dalle gaffe a questi patetici corteggiamenti satireschi, mi hanno fatto pensare se dopotutto non lo abbiamo sopravvalutato. Non a livello di impatto sulla gente o sulla politica italiana (il suo resta sempre un movimento di potenza devastante, che lascerà - ahimè - il segno per decenni), ma proprio di persona. Forse non è mai stato una specie di diabolico supercattivo tipo Blofeld in 007, ma semplicemente un uomo di una certa età, rozzo, di un'intelligenza (puramente pratica) buona ma non eccezionale e afflitto da una megalomania enorme che vassalli e cortigiani hanno assecondato per interesse. La sua forza è stata nella quantità, non nella qualità: cioè nel fatto che i suoi messaggi (piuttosto rozzi) sono stati ripetuti all'infinito milioni di volte e hanno un imbambolato molta, troppa gente. Ma è come se l'Italia negli ultimi vent'anni sia stata un autobus senza veramente nessuno alla guida, nè Berlusconi (che oltre ad essere troppo occupato a badare ai suoi affari non ha neanche l'acume per una guida, nemmeno negativa come può esserla quella di un Pinochet), nè i suoi accoliti. Insomma, ultimamente associo sempre più spesso Berlusconi al Peter Ustinov-Nerone di Quo Vadis.

E alla fine, incredibile a dirsi, tutto questo finirà. Pure nel caso che veramente il suo consenso resti inalterato per sempre, anche Berlusconi dovrà morire, o diventerà troppo vecchio per governare. Credo che un giorno ci sveglieremo con la sensazione di aver vissuto almeno quindici anni di follia collettiva, senz'altro devastanti a livello di politiche sociali e culturali, ma che ormai sono passati. Che vada così è fisiologico. Allora e solo allora (e con la consapevolezza che difficilmente esisterà in futuro un secondo Berlusconi, paro paro a lui) si comincerà a digerire il berlusconismo, a prenderne le distanze e osservarlo in un'ottica più contenuta. Non dico che ci sarà una specie di nuovo Risorgimento, anzi a dir la verità ne dubito; mi sembra più probabile un ritorno ad una situazione da prima Repubblica, con due o tre partiti dominanti (ma non forti come lo era il PdL, grazie a televisioni, giornali e media asserviti). Ma sarà comunque una sorta di normalizzazione rispetto ad oggi. Dove non è riuscita l'etica e la politica, potrà il tempo. Basta aspettare.

sabato 30 maggio 2009

Vincere...

Coppa Bifronte... Il film di Marco Bellocchio, appena finito di vedere, sulla storia della moglie segreta del Duce, Ida Dalser, e del di lui figlio segreto Benito Albino, messi da parte dopo l'ascesa al potere di Mussolini e abbandonati a marcire in manicomio. Non male, con almeno due o tre momenti memorabili, in primis le sequenze finali di delirio (collettivo e privato).
Quanti orrori perdoniamo e tacciamo ai nostri cosiddetti grandi (non che io consideri Mussolini un grande se non nel senso più negativo del termine). Sembra che tutto sia concesso in nome della gloria, anche usare due pesi e due misure: a coloro che potrebbero (secondo noi) permettere un grande progresso dell'umanità consentiamo cose che condanneremmo negli uomini normali. Incidenti di percorso, danni collaterali. Mi chiedo se questo tipo di valutazione - che esiste dalla notte dei tempi - non sia tutto sommato sbagliata. Forse dovremmo deciderci finalmente a comportarci nella stessa maniera coi "grandi" e coi "piccoli": in fondo non bisognava aspettare che ci trascinasse in guerra, per capire che Mussolini era un criminale.

giovedì 21 maggio 2009

L'anima e la carne!

Suora Sexy Nessuno, che io sappia, ha ancora svolto un vero e proprio studio sui rapporti tra l'ascesa al potere di Berlusconi e il tipo di filosofia (umana e civile) che era prospettata nei programmi storici delle reti Mediaset quando ancora si chiamava Fininvest. Eppure sarebbe una ricerca interessante, proprio a livello scientifico: quanto di quell'ingenuo edonismo anni '80 ha formato la generazione di attuali trenta - quarantenni che oggi sono tra i più fieri sostenitori del Cavaliere.

Sono del '79, e quando ero piccolo avevo una passione per Drive In, in particolare per le edizioni condotte da quel mostro da palcoscenico che è Gianfranco d'Angelo. Antonio Ricci al suo massimo, prima di imbolsirsi con la foglia di fico di Striscia la Notizia: Greggio quando ancora faceva ridere! Boldi cipollino e Teocoli al massimo dello splendore! I "a me me pare 'na strunzata" Trettrè! E tante tante, tante curve! Ero ancora un bambino, ma già allora Tinì Cansino e le ragazze Fast Food mi facevano sentire, come dire? Un po' bizzarro... C'era una ragazza credo brasiliana di cui venivano inquadrate SEMPRE ED ESCLUSIVAMENTE culo e gambe: faceva dei commenti taglienti sui fatti del giorno, ed era sempre accompagnata da elefanti, cuccioli di leopardo e leoncini (eh sì, perchè nera=Africa... Ah, beati tempi di razzismo candido ed inconsapevole! Quando Celentano nei suoi film poteva impunemente minacciare un nero del tipo "Zì badrone" di fargli un "occhio nero"...)

Sociologi di ogni genere si affannano a studiare i motivi del trionfo berlusconiano, ma in realtà è una domanda che dovrebbero rivolgere ad Antonio Ricci (anche senza fidarsi troppo della risposta...). C'è un fantastico libretto uscito anni fa, con in allegato una videocassetta, scritto dal patron di Drive In, ossia "Striscia la Tivù". Imprescindibile, per quello che dice e soprattutto per quello che non dice o addirittura nasconde (ma che si può benissimo dedurre tra le righe...). Apparentemente, è una quasi autobiografia dove vengono raccontati i meccanismi comici di Striscia, come nascevano certe battute, e così via). Nei fatti è un trattato di agghiacciante umanità italiana contemporanea: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. La guerra dell'Auditel, invidie e guerre tra presentatori, programmi motivati da rancori e vendette, cinismo, gossip, tette e culi a tutto andare, e persino un incredibile quanto quasi sicuramente inventato incontro con Berlusconi dove il Cavaliere appare un simpatico ed amichevole compagnone.

Oggi un italiano medio liberal che sia cresciuto con questo genere di programmi è una creatura dalla doppia anima: da un lato è rispettoso delle donne e dell'ambiente, ha un grande senso civico, difende i giudici, è contro la pena di morte e tifa Obama. Dall'altro, ha in sè i germi di questo gaudente mondo berlusconiano, a suo modo anche seducente (ecco a volte come nascono certe accuse di "invidia" da parte dei cadetti forzitalioti rivolte alla sinistra, mi sa...). Insomma, ha una tentazione tremenda di sbracarsi, e di entrare in un vortice di paillettes, palazzine, denaro, e lolite scosciate e cretine, ma chi me lo fa fare di sbattermi per difendere questo paese di merda, fateme magna' pure a me. In pratica, un vulcaniano tipo Spock che anzichè reprimere le emozioni con la logica reprime il desiderio (giustamente) vergognoso di lasciarsi andare ai suoi peggio istinti con il senso civico. Pensate a quanti da una posizione civile progressista sono passati al lato oscuro della forza, e oggi sono ancora più convinti del loro berlusconismo dei sostenitori della prima ora. Come diceva Fabrizi in "C'eravamo tanto amati", gli onesti cianno quella purezza che se je capita l'occasione, diventano tarmente mascalzoni che t'ammolleno le fregature pejo de li mascalzoni diciamo normali.

Anche nei circoli di Sinistra e Libertà, del PD e dell'Italia dei Valori si raccontano le barzellette sulle mignotte, e si pensa che sì, beh, è uno schifo, ma in fondo Noemi ci ha un bel culo a mandolino. Hai capito papi...

sabato 16 maggio 2009

Giorni bui

Testa nel muroCome tutti sanno, o dovrebbero sapere, da qualche giorno il governo italiano ha attuato una politica molto serrata di respingimento degli immigrati clandestini individuati nel Mediterraneo. In particolare, un barcone contenente circa 200 extracomunitari libici è stato intercettato e rimpatriato a Tripoli: il gesto ha provocato la gioia del ministro Maroni, che è arrivato a definirlo un "risultato storico". Di fronte alle critiche (avanzate tra l'altro anche dalla CEI), Berlusconi ha apertamente difeso Maroni e pronunciato un incredibile "No all'Italia multietnica".

I commenti del nostro cosiddetto premier non mi preoccupano più di tanto, sinceramente: mi è bastata una passeggiata pomeridiana per la mia città, Treviso (che fra parentesi è pure una delle roccaforti della Lega) per sincerarmi di quanto fossero assolutamente fuori dal mondo. Famiglie asiatiche che portano i bambini ai giardini pubblici, gruppi di persone di colore che si prendono lo spriz al baretto, coppie miste. I commenti di Berlusconi, oltre che immorali, non hanno semplicemente riscontro nella realtà. L'Italia è già multietnica, lo diventerà sempre di più negli anni a venire e non c'è nulla che il Governo, i cittadini o chicchessia possano fare per impedirlo. Ed è giusto che sia così: non esiste cultura che si possa rinnovare senza contaminazioni (parola tremenda che fa venire in mente le epidemie, ma non me ne vengono in mente altre in questo momento), e ragionare in termini di aut aut (per cui l'avvento dei musulmani immigrati provocherebbe una sorta di "guerra civile" con i cattolici) è inutile e dannoso: come insegna il mio idolo, Kapuscinski, le culture sono come contenitori molto ampi all'interno dei quali possono convivere tranquillamente influenze e diversità.

Quello che mi ha veramente amareggiato è stato leggere i commenti dei lettori sui siti di Corriere e Repubblica. Non ho idea di quanto siano rappresentativi dell'Italia nel suo insieme, ma mi auguro di tutto cuore che non facciano testo. C'era da far rizzare i capelli: sfoghi, cattiverie, urla di sollievo per qualcuno che prende finalmente in mano la situazione ed agisce energicamente; persino su un sito dai commenti generalmente piuttosto "liberal" come quello di Repubblica. Ma cosa siamo diventati, ho pensato. Sembrava che queste decisioni avessero fatto esplodere un bubbone che si stava gonfiando da chissà quanto tempo. Da anni ed anni questi lettori si stavano rodendo ed adesso che finalmente qualcuno prendeva una decisione energica (tanto energica quanto superficiale, inutile, fatta solo per solleticare gli istinti più bassi degli italiani in vista delle elezioni europee) finalmente si sentivano sgravati, autorizzati, liberi di urlare al mondo quanto erano stufi ed esasperati.

Ovviamente l'immigrazione è un problema serio e delicato, che comporta - non nascondiamoci dietro un dito - una gran quantità di disagi di vario genere sia per gli ospitanti che per gli ospitati; e non è nemmeno giusto che siano i cittadini italiani a farsi carico di tutti i disagi, anche umani e quotidiani, che comporta un fenomeno come questo, disagio che dovrebbe essere il più possibile mitigato e addolcito dalle istituzioni. E ancora: la colpa di questo atteggiamento di intolleranza è anche in gran parte della sinistra (storica), che non è mai riuscita ad elaborare non dico un convincente e fattibile programma di gestione dell'immigrazione, ma nemmeno a far entrare nel proprio DNA l'idea del rigore della legalità (una legalità democratica e non iniqua, s'intende); e ovviamente va criticato - ma è quasi lapalissiano - l'indecente piglio di media asserviti che quotidianamente lanciano allarmi su allarmi su immigrati romeni, cinesi, africani, mediorientali, a seconda di quello che conviene al momento e al potente di turno.

Ma anche così, anche con tutte le giustificazioni del caso, l'atteggiamento di un cittadino dipende sempre da una scelta individuale. Il marito di Giovanna Reggiani, barbaramente uccisa da un clandestino rom, nonostante una tragedia vissuta in prima persona, ha chiaramente detto che non voleva che il suo diventasse un caso esemplare: non ha generalizzato, non si è lasciato andare a filippiche contro clandestini ed immigrati. Se non l'ha fatto lui, che giustificazione hanno gli italiani comuni il cui coinvolgimento nel problema è molto più contenuto?

Usando alla leggera invettive e dando la stura all'intolleranza più becera, questi italiani non fanno altro che mettere in gioco il futuro dei propri figli. Come ho detto, gli italiani del futuro saranno anche figli di immigrati; e la scelta dell'andamento che avrà questa società viene deciso fin da oggi, dai padri degli italiani "purosangue" i cui figli convivono e convivranno fianco a fianco con le seconde e terze generazioni di extracomunitari. Irrigidimento di fronte ad una realtà inarrestabile produrra inevitabilmente una società rigida, in cui i conflitti quotidiani saranno all'ordine del giorno: non assumersi responsabilità oggi finirà inevitabilmente col compromettere il domani.

venerdì 15 maggio 2009

Cominciamo...

SisifoSto leggendo "Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio", di Massimo Lolli. Ad un certo punto il protagonista, guardando la televisione, riassume una scena del film "Come eravamo" di Sidney Pollack, con Barbra Streisand e Robert Redford (è nella lista infinita che mai esaurirò dei film che devo vedere). Sono due studenti al college; lei è un'intellettuale, politicamente impegnata, che coltiva il sogno di diventare scrittrice; lui, un sempliciotto che non ha interesse per altro al di fuori dello sport. Un giorno entrambi devono sottoporre un racconto ad un professore. Lei ci spende le notti, lavora per settimane: lima, sistema, riscrive. Ma il giorno della presentazione il migliore racconto è quello di Robert, spontaneo, fresco, e viene letto davanti a tutti, con imbarazzo di lui e somma frustrazione di lei; in lacrime Barbra esce, e getta il suo racconto nella spazzatura.

Non ho mai creduto nel talento; credo nelle inclinazioni. Qualcuno ha detto che il vero genio consiste nel saper realizzare la propria aspirazione con il lavoro (ispirazione, traspirazione eccetera). è vero (forse), ma da questa equazione manca un fattore fondamentale: la spontaneità. La cosa più dura non è lavorare su di sè, ma riuscire a conservare la propria genuinità senza seppellirla sotto un lavoro, una gavetta, che è spesso dura e frustrante. Lavorare su se stessi senza lasciarsi snaturare, e quindi anche restare umili. Perchè questa fatica può trasformarsi anche in una forma di autoesaltazione: l'intellettuale che quando comincia a prendersi troppo sul serio, si monta la testa, si esalta. E si perde.

Una fatica che provochi sofferenza psicologica, che faccia venire i sudori freddi, è inutile e dannosa. Serva una fatica sana, che dia al momento dell'atto stesso la coscienza di un lavoro ben fatto, utile, solido come una sedia costruita da un artigiano. Una fatica buona.