venerdì 23 ottobre 2009

L'omo nero

Touadi
Franceschini ha presentato come suo possibile vice alla segreteria del Partito Democratico Jean-Leonard Touadi, primo parlamentare di colore della storia italiana.
Fermo restando che il curriculum vitae di Touadi è di tutto rispetto e probabilmente è più qualificato per questo ruolo del 90% dell'attuale classe politica, la mossa di Franceschini - unitamente alla proposta di prendere come vicesegretario una donna - non mi è piaciuta. Perchè tutte le ottime qualità di Touadi, in questo particolare contesto, sono completamente oscurate dal fatto che sia nero, l'unica sua caratteristica che venga ripetuta e che abbia un'eco nella stampa nazionale; cosa che Franceschini sapeva benissimo, e che indirettamente ammette. Insomma, ho la sgradevole sensazione che sia una mossa puramente pubblicitaria, che se in Parlamento anzichè Touadi ci fosse stato un altro deputato anche meno preparato di lui sarebbe stato designato comunque in nome del suo essere di colore, che insomma Franceschini esibisca superficialmente il suo vice nero per dimostrare la propria tolleranza e modernità, così come la sua proposta per un vice donna, in un certo senso, si può tradurre con: "Non importa chi sia, purchè sia una donna".

Come ho avuto modo di dichiarare in altra sede, ci sono almeno due tipi di razzismo differenti. Uno è il razzismo come di solito uno se lo immagina, sbracato, volgare, intollerante, i naziskin, la Lega, le camicie verdi e nere, i raid contro gli immigrati e così via. La maggior parte dei rappresentanti ufficiali della Lega sono dei cafoni malvissuti, a stento capaci di intrattenere una conversazione in italiano corretto. Di solito è così che uno se li immagina, nel centro e nel sud Italia: degli ubriachi da osteria che occupano scandalosamente posti di responsabilità e che appena possono, nel proprio feudo, rivelano la loro vera natura.
è senz'altro vero, ma non bisogna lasciarsi ingannare. c'è un altro tipo di razzismo - e non mi riferisco a quello che di solito viene definito razzismo all'incontrario, dei neri nei confronti dei bianchi - un razzismo, cioè, che in qualche modo coinvolge tutti, e si potrebbe anche definire come "tolleranza contenuta".

Provo a spiegarmi. Personalmente sono convinto che, contrariamente a quanto si pensa, a nessuno piaccia veramente essere accusato di razzismo. In realtà le persone come Borghezio, che rivendicano apertamente ed orgogliosamente la loro totale intolleranza, sono relativamente poche. Viviamo in una società in cui - superficialmente, almeno - essere razzisti è considerato una cosa negativa. Un po' come essere ladri: anche un ladro matricolato difficilmente accetterà con orgoglio la qualifica di ladro, cercherà delle giustificazioni morali, magari asserendo di aver rubato per necessità o perchè comunque esistono altri tipi di furto, magari legalizzato. Inoltre, difficilmente l'italiano medio prende posizione, anche su una questione come il razzismo. Credo che in effetti la caratteristica principali degli italiani sia una specie di apatica mollezza, che li spinge a preoccuparsi di problemi gravi quando è veramente troppo tardi (come ha detto qualcuno*, in Italia una questione, quale che sia, diventa importante solo quando ci scappa il morto; cosicchè tutti i provvedimenti successivi sono presi sull'onda dell'emotività e non del ragionamento), una specie di pecoraggine che può spingerlo ad un conformismo fascistoide ma che paradossalmente può avere persino lati positivi (la convinzione nell'adesione alle cause è sempre scarsa, anche alle cause negative). Altan, che di questo paese ha capito assolutamente tutto, l'ha ben sintetizzato in una vignetta in cui un signore in poltrona dice: "Il guaio di questo paese è che si mangia troppo bene: non appena uno è lì lì per prendere posizione, già è pronto in tavola".

Insomma, se per razzismo intendiamo l'incapacità (o la mancanza di volontà) nel superare pregiudizi - anche positivi - e raggiungere semplicemente una disinvoltura nel trattare con persone di etnia, orientamento sessuale o colore della pelle diversa, l'italiano medio è quietamente razzista. Ma dato che esserne consapevole è comunque spiacevole, cosa fa? Si crea dei piccoli margini di tolleranza, introduce una modica quantità di persone di colore o gay nella sua vita: quanto basta per mettersi a posto la coscienza e poter continuare con la vita di sempre. Un po' lo stesso atteggiamento che hanno quelli che pretendono - e magari ne sono genuinamente convinti - di sapere tutto dell'America Latina dopo aver passato una settimana a Cuba.

Per carità, probabilmente il primo passo nell'approccio a culture diverse nasce così. Immagino sia inevitabile, e forse nemmeno criticabile: volersi sentire tolleranti se non altro presuppone un'esigenza psicologica a non sentirsi razzisti, che in sè mi pare comunque una molla positiva. Il guaio è quando non si riesce ad andare oltre, quando cioè si trattano queste "quantità controllate di tolleranza" alla stregua di un vaccino, cioè una quantità controllata di virus che viene introdotta in corpo con la speranza di diventare immuni. Quello che vale per un vaccino non vale per una mentalità: la cosa più probabile è che una volta tranquillizzata la coscienza non si facciano passi oltre, non si cerchi di superare questo primo, superficiale approccio per conoscere ulteriormente quello che Kapuscinski chiamerebbe "l'altro". Una signora che fa una donazione per i poveri negretti nell'Africa, come talvolta paternalisticamente vengono chiamati, difficilmente farà ulteriori sforzi per comprendere la loro cultura, difficilmente cercherà di capire come pensano questi negretti o perchè sono poveri. Avrà la coscienza tranquilla e tanto basterà.

Un tempo ammiravo Vladimir Luxuria, apprezzavo le sue battaglie e lo sostenevo pure. Ma mi è caduto in disgrazia quando ha partecipato - vincendo - all'Isola dei Famosi. Al di là delle tragicomiche dichiarazioni di Ferrero che è arrivato a paragonare Luxuria ad Obama e ad auspicare che la vittoria nel programma fosse un trampolino per le europee (cose da pazzi, poi ci meravigliamo che la sinistra in Italia è morta), quello che più mi ha irritato è stato l'atteggiamento di alcuni che vedevano in questa vittoria un segno della sopravvenuta maturità degli italiani in materia di tolleranza sessuale.

Assurdo. Assurdo e suicida. In realtà non solo questa vittoria non significa nulla, ma secondo me ha anche danneggiato la causa di Luxuria. Un ragazzotto che guarda L'isola dei famosi trova Luxuria simpatico, vuole sentirsi moderno e vota per lui (nel programma, non alle elezioni); da quel momento avrà l'intima convinzione (almeno parziale) di sentirsi tollerante nei confronti dei gay, e quindi sarà ancora meno recettivo a critiche al riguardo. Non farà ulteriori sforzi per avvicinarsi al mondo omosessuale, perchè si sentirà intimamente forte di aver contribuito - con questa sua superficiale ed un po' esibizionistica posizione - ad una causa di tolleranza, si sentirà la coscienza "pulita". E quindi sarà anche meno propenso a vergognarsi la prossima volta che storcerà il naso riguardo ai PACS, anzi si sentirà pure legittimato a criticarli apertamente.

Un po' come in quei paesi del meridione dove il "femminiello" non viene maltrattato, ma tollerato e accettato come uno degli elementi del paese, come il Muncipio, la Chiesa, lo scemo del villaggio e il "professore"; purchè, s'intende, non travalichi il ruolo e l'importanza che gli sono cuciti addosso.

E il discorso sugli omosessuali vale per le persone di colore, i cinesi, i musulmani, e tutte quelle minoranze ostracizzate di cui viene presentato un ritratto edulcorato (nel senso che tende a presentarne solo gli aspetti positivi, dandone un'immagine patinata, ma le persone sono fatte di elementi positivi E negativi) che serve a tacitare un po' la nostra cattiva coscienza. Nella fiction Un medico in famiglia con Lino Banfi viene presentata una famiglia indiana, che riassume tutti gli stereotipi possibili ed immaginabili sugli indiani (elefanti, Visnù, turbanti, e fascino da danzatrici esotiche; c'è pure Sandokan). Uno dei personaggi non indiani si innamora della rampolla di questi immigrati alla Salgari, e i numerosi telespettatori applaudono. Segno di tolleranza? Secondo me, è solo un modo per perpetuare idee un po' immature sugli immigrati e forse anche ritardare una reale amalgama culturale. Non appena la stessa persona che ha tanto apprezzato Un medico in famiglia si troverà, poniamo il caso, dei vicini di casa pure indiani, sarà anche meno preparato - e forse pure deluso - nell'apprendere che non sono cloni di Kabir Bedi o di Aishwarya Rai. E che questa vicinanza comporta, come è inevitabile che sia, anche dei problemi.

Ho la sensazione che un modello di società in cui certe barriere culturali siano definitivamente superate sia rappresentato dal Brasile, in cui le mescolanze tra razze sono così capillarmente diffuse da non rappresentare più qualcosa di anormale; in cui tutti, cioè, sono meticci; ma, contemporaneamente, dove le particolarità etniche non sono state eliminate o livellate, ma esaltate, come segno di distinzione ma non di separazione. Ma dopotutto il Brasile l'ho conosciuto solo dai libri di Jorge Amado, e potrei anche sbagliarmi.





*mi è venuto in mente: se non sbaglio è Teodoro Ndjock Ngana, poeta e mediatore culturale, nel documentario Il colore delle parole di Marco Puccioni. Un altro africano in Italia.

1 commenti:

Gala ha detto...

Tutti discorsi sensati e condivisibili. Tanto che in linea di principio sono contrario alle quote rosa (il 50% deve essere donna? Ma se nella politica gli attivisti, statistiche alla mano, sono in stragrande maggioranza uomini, se te metti il 50% di donne prenderai sicuramente anche "gli scarti", facendo più danni che Carlo in Francia).

Il punto è che, come ho letto oggi, in Italia per vedere un nero in TV devi accendere MTV.

Ecche, non ci sono neri validi in Italia?

Ovviamente ci sono, ma non trovano spazio. L'idea di Franceschini credo sia stata quella di provare a forzare la mano ad una società che, di suo, non riesce a velocizzare questa arretratezza.

In un mondo ideale non andrebbe scelto un vice di colore perchè di colore o un vice donna perchè donna. Ma l'Italia è tutto fuorchè un paese ideale e questi fastidiosi razzismi all'incontrario sono l'unico modo, al momento, per cercare di "normalizzare" la concezione dell'"altro" in Italia.

Vorrei ci fossero altri modi che funzionano.

Non ne vedo però.

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